giovedì 29 gennaio 2009

ARCHEOLOGIA... SATIRICA / MARCELLO MARCHESI, Il signore di mezza età


AFORISMI DI MARCELLO MARCHESI

* Giovane si schianta contro lampione. Spenti entrambi.
* Chi si inferma e' perduto!
* E' sbagliato giudicare un uomo dalle persone che frequenta. Giuda, per esempio, aveva degli amici irreprensibili. (attribuita anche a Ernest Hemingway e a Verlaine)
* Dio, dammi un assegno della tua presenza.
* Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano.
* Tra il dire e il fare c'e' una busta da dare.
* Una delle cose fondamentali della vita e' la dignita'. Non bisogna mai perderla. Per non perderla basta non averla.
* Meno tavole rotonde, piu' tavole calde.
* Diceva Marcello Marchesi nel 66° compleanno di Giulio Andreotti: Chi non muore si risiede.
* Il mondo e' fatto a scale, chi e' furbo prende l'ascensore.
*Perche' denunciare il reddito dopo il bene che vi ha dato?
* Diamo a Cesare quel che e' di Cesare. Ventitre' pugnalate. (Gino Patroni)
* Vorrei morire ucciso dagli agi. Vorrei che di me si dicesse: "Come e' morto? Gli e' scoppiato il portafogli".
* Tutto e' perduto, fuorche' l'ospite d'onore.
* La legge e' uguale per tutti. Basta essere raccomandati.
* La superbia ando' a cavallo e torno' in yacht.
* Burocrazia: Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli.
* L'importante e' che la morte ci trovi vivi.
* Mi sento sotto la cresta dell'onda.
* Dimmi con chi vai e ti diro' se vengo anch'io.
* Chi trova un amico chiede un prestito.
* La gallina che canta ha fatto il disco.
* Oggi un'automobile mi e' venuta addosso. Mentre ero ancora col piede in aria, mi e' arrivato l'urlo dell'automobilista. "Ma va' in macchina, cretino!".
* (pubblicità) Sparatevi Breda.
* La signora Colgate? Un attimo, si sta cambiando d'alito.
* Quanto ho sofferto quando ho saputo che l’inventore dell’alta fedeltà è cornuto.
* Il primo abbonato al telefono non sapeva a chi telefonare.
* Un cretino può scrivere un saggio, ma non viceversa.
* Affogò perché si vergognava a chiedere aiuto.
* Odio bonariamente tutti (in Il sadico del villaggio).
* Soltanto un pomodoro su dieci diventa De Rica, gli altri sono buoni.
* “Lei dove scende?”. “Io scendo a Patti”. “Io scendo a compromessi”. * “Ma allora facciamo la stessa strada”.
* La Montedison ha dimezzato il capitale. Metà è andato a monte e metà è andato all’Edison.
* Chi va con lo zoppo impara il twist.

MARCELLO MARCHESI (Milano, 14 aprile 1912 – Cabras, 19 luglio 1978) è stato comico, regista e sceneggiatore italiano.
Ricordato per le sue battute sospese fra il surreale e il satirico (gli aforismi del quale fu maestro Achille Campanile), condusse alcune trasmissioni televisive di successo come Il signore di mezza età e Alta pressione.
Ricorda il critico televisivo « Aldo Grasso che di Marcello Marchesi furono alcuni dei più famosi slogan di Carosello, divenuti quasi proverbiali: "Non è vero che tutto fa brodo!", "Il signore sì che se ne intende", "Con quella bocca puoi dire ciò che vuoi", "Il brandy che crea un'atmosfera", "Per dindirindina che equivoco... Falqui: basta la parola!", e tanti altri ».[1]
Fu tra gli autori della rivista umoristica Bertoldo, pubblicata dal 1936 dalla Rizzoli
A tre anni venne provvisoriamente ospitato da uno zio milanese residente a Roma. In realtà nella capitale Marchesi restò per diciotto anni. Dopo la morte dello zio tornò a Milano, dove si laureò in giurisprudenza e iniziò a lavorare in uno studio legale. La sua vita cambiò quando, durante uno spettacolo studentesco al Teatro Lirico a cui aveva fervidamente collaborato, incontrò Andrea Rizzoli, figlio del potente Angelo, che voleva reclutare gente in gamba per un giornale umoristico che la sua casa editrice voleva fondare per fare da contraltare al successo che riscuoteva a Roma il "Marc'Aurelio", diretto da Vito De Bellis. Nel 1936 Rizzoli diede vita a "Il Bertoldo", che ebbe fra le sue firme anche Marcello Marchesi, oltre a Vittorio Metz e Giovanni Mosca. Su "Il Bertoldo" la sua firma non comparve tanto spesso quanto le sue idee: Marcello Marchesi creava vulcanicamente spunti per rubriche e personaggi che poi lasciava da sfruttare agli altri. Questa esperienza diede inizio alla sua multiforme attività di giornalista, sceneggiatore, regista, attore, scrittore e umorista. Nel 1937 creò per l'EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) il programma A2 Radioenciclopedia. A partire dal 1938 iniziò a scrivere testi per il teatro di rivista, interpretati da notissimi attori come Wanda Osiris, Carlo Dapporto, Walter Chiari, Ugo Tognazzi e Gino Bramieri. Qualche tempo dopo Vittorio Metz decise di tornarsene a Roma, Marchesi lo seguì e collaborò con lui alla nascita del nuovo cinema comico italiano. Il primo film sceneggiato da Metz e Marchesi fu Imputato, alzatevi! (1939), una divertente commediola con Erminio Macario, diretta da Mario Mattoli. Così ricorda questa prima esperienza Marchesi: «Presi dall'entusiasmo riempimmo la sceneggiatura di tante battute che il pubblico non aveva il tempo di ridere: se rideva, ne perdeva metà, una coprendo di risate le battute pari, l'altra le dispari». Dopo il successo di Imputato, alzatevi, seguirono Lo vedi come sei? (1939) e Il pirata sono io! (1940), sempre interpretati dal grande comico torinese. Nel 1942 Marchesi iniziò a lavorare per il varietà e la rivista presentando al Teatro Quirino di Roma la rivista Za Bum, ma non tralasciò affatto la sua attività di sceneggiatore cinematografico, che proseguì nel dopoguerra con una sessantina di film comici scritti sempre con Vittorio Metz, chiusi in una stanza dell'albergo Moderno di Roma. Fra i titoli più importanti ricordiamo: I due orfanelli (1947), Totò al giro d'Italia (1948), Totò cerca casa (1949), Adamo ed Eva (1949), I cadetti di Guascogna (1950), Totò sceicco (1950), Bellezze in bicicletta (1951), Siamo uomini o caporali? (1955), Totò lascia o raddoppia? (1956) e Susanna tutta panna (1957). Nella stagione 1952-53, sempre in coppia con Vittorio Metz, realizzò I fanatici, divertentissima rivista interpretata da Billi e Riva. Nella stagione seguente portò in teatro Controcorrente (1953-54), rivista veramente innovativa che abolì boys, passerella, scene e costumi per un intrattenimento stile cabaret, con Walter Chiari impegnato in monologhi e scenette (qui affiancato da due brave attrici, Bice Valori e Marina Bonfigli) e con le canzoni di Domenico Modugno. Nel 1952 Marchesi tornò a Milano e iniziò la sua attività di produttore e autore di testi della televisione, non ancora ufficialmente nata, con Te lo ricordi. Il 1954 fu l'anno della sua prima vera trasmissione Invito al sorriso. L'anno seguente fu la volta di Ti conosco mascherina diretto da Vito Molinari, con Antonella Steni ed Alberto Bonucci, scritta con Carletto Manzoni e Giovanni Mosca. Nel 1956 fu tra gli autori di Lui e lei, una parodia della lotta fra sesso forte e sesso debole scritta con Vittorio Metz, e interpretata da Nino Taranto, Delia Scala, Nuto Navarrini e Sandra Mondaini. Nella seconda metà degli anni '50 Marchesi creò il personaggio televisivo di Walter Chiari, lasciando credere al pubblico che il comico improvvisasse come a teatro in La via del successo (1958). Fra i programmi sceneggiati da Marchesi di maggior successo ricordiamo L'amico del giaguaro (1961), con Corrado, Gino Bramieri, Raffaele Pisu e Marisa Del Frate, Quelli della domenica (1968), varietà in cui un esordiente Paolo Villaggio proponeva le due irresistibili macchiette del dottor Kranz e di Fracchia, e diverse edizioni della trasmissione musicale Canzonissima. Nel 1963 Marchesi apparve nel doppio ruolo di sceneggiatore e conduttore televisivo con Il signore di mezza età. Al fianco di Lina Volonghi e Sandra Mondaini, Marchesi ironizzava sul piccolo schermo, sul boom economico, sui vizi degli italiani, e sull'età che avanzava. Non va dimenticato che Marchesi inventò per Carosello una miriade di slogan, diventati proverbiali: «Non è vero che tutto fa brodo», «Il signore si che se ne intende», «Con quella bocca può dire ciò che vuole», «Il brandy che crea un'atmosfera», «Perdindirindina che equivoco… Falqui: basta la parola!» e mille altri. È impossibile elencare tutte le sceneggiature (teatrali, cinematografiche e televisive) di Marcello Marchesi, ricordiamo pertanto le più note: Alta tensione (1951), Sayonara Butterfly (1958) e Cielo, mio marito! (1972), pièce scritta con Maurizio Costanzo e interpretata da Gino Bramieri e Ombretta Colli. Marchesi fu anche regista cinematografico: girò infatti esilaranti commedie come Milano miliardaria (1951) e Lo sai che i papaveri (1952). Inesauribile fonte di comicità e di ironia, lavoratore infaticabile, Marchesi pubblicò anche numerosi libri, nei quali raccolse racconti e scenette di successo: Diario futile, Essere o benessere, Il sadico del villaggio, Sette zie e Il malloppo. Sono piccole storie, osservazioni, aforismi sull'Italia un po' spaccona del boom economico, con particolare attenzione per la sarabanda televisiva e il suo mondo fasullo, per la palude della politica, per i miti e i riti dell'italiano medio che assapora il consumismo. Le pagine di Marchesi sono ricognizioni sulla superficie del Paese che a distanza, però, rimandano riflessi per nulla trascurabili dell'Italia alla sua svolta industriale. Nel 1976, a sessantaquattro anni, sposò in seconde nozze Enrica Sisti, di oltre 30 anni più giovane di lui, e diventò padre di Stefano Massimo. La nascita di Stefano Massimo aveva sconvolto Marcello Marchesi di gioia. Il 19 luglio 1978 mentre stava nuotando con Massimo nel mare di Oristano, Marchesi venne sbattuto su uno scoglio da un'onda fortissima. Batté la testa e morì sul colpo. Marcello Marchesi è stato, con Petrolini e Totò, uno dei più geniali umoristi della scena italiana. La sua capacità di fissare, anche in poche parole, un'ironia e una comicità mai fuori posto, semplice e incisiva, ha regalato al pubblico italiano anni di divertimento.

lunedì 26 gennaio 2009

MINA, come l'ho vista io



“La parte della tigre” è il titolo che diedi al disegno pubblicato su “Il TEMPO” il 18 agosto 1965 unitamente alla cronaca dello spettacolo ‘Music Hall Internazionale”, svoltosi al Teatro della Riviera, nel quadro dell’Estate Salernitana, con la “Tigre di Cremona” applauditissima star.

ARCHEOLOGIA... SATIRICA / ENRICO GIANERI








Di Enrico GIANERI (Gec) riporto la sintetica biografia tratta dalle pubblicazioni della Fondazione Franco Fossati del fumetto e della comunicazione.

"""Nasce a Firenze (Italia) nel 1900. Avvocato, giornalista, caricaturista e vignettista satirico, è il primo studioso italiano della storia della caricatura e della grafica umoristico-satirica.A soli 23 anni viene chiamato a Torino per dirigere il Pasquino e come direttore ci rimane fino al 1930, anno in cui la testata viene chiusa per ordine della vigente pubblica autorità. Dirige anche il Codino Rosso e altre testate umoristiche minori.Nel 1937-1938 è tra i collaboratori fissi de Le grandi firme quando la testata di Pitigrilli passa a Mondadori, sotto la direzione di Zavattini.Nel dopoguerra torna a dirigere il Pasquino, fino al compimento del centenario della storica testata nel 1956.A partire dal 1927 scrive numerosi saggi sulla caricatura e sulla satira internazionale e fornisce un contributo essenziale compilazioni importanti, come "Professione umorista", scritta con Emilio Isca nel 1977.Nell'aprile 1966 è compilatore e ordinatore della mostra "Cinquanta anni di caricatura politica nell'opera di Giuseppe Scalarini – la lotta per la libertà nella caricatura mondiale", tenutasi ad Arezzo nella Galleria comunale d'arte contemporanea.A partire dal 1975 è fra i consiglieri di Francesco Leale – insieme a Giuseppe Novello, Leonardo Borgese, Sandro Maria Rosso, Giorgio Allario Caresana, Walter Nasi e Francesco Rinone – nella direzione della Biennale di caricatura di Vercelli.Riesce a mettere insieme una delle più importanti collezioni italiane di pubblicazioni umoristiche e di satira (soprattutto periodici, circa 1.500 testate), che dopo la sua morte verrà in gran parte acquistata, catalogata e studiata dall'Archivio Storico del Comune di Torino.Muore a Torino nel 1989""".

Pubblicate, in pagina, due godibili (e sempre attuali...) vignette e riuscitissime copertine.

sabato 24 gennaio 2009

ARCHEOLOGIA...SATIRICA / GIOVANNINO GUARESCHI







Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi (Roccabianca, 1º maggio 1908Cervia, 22 luglio 1968), scrittore e giornalista italiano, oltre che caricaturista e umorista. È lo scrittore italiano più venduto nel mondo: oltre 20 milioni di copie.[1]
La sua creazione più famosa è Don Camillo, il robusto parroco che parla col Cristo dell'altare maggiore. Il suo antagonista è il sindaco comunista del paese (nella trasposizione cinematografica Brescello, nella Bassa reggiana), l'agguerrito Peppone, diviso tra il lavoro nella sua officina e gli impegni della politica. (Vikipedia)

Arrestato per aver “punzecchiato” Benito Mussolini, e molti anni dopo in prigione 13 mesi per una non ancora chiarita diffamazione in danno di Alcide De Gasperi, è interessante cosa Guareschi scrisse nel 1954 della vicenda del “ta-pum” (il processo De Gasperi) quando, entrato nel le Carceri di S.Francesco a Parma, alla vigilia del termine per ricorrere in appello, all’inatteso arrivo di Mario Scelba in via Righi, Giovannino non volle riceverlo e il ministro aspettò tre ore prima di andarsene:
“””No, niente Appello. La mia dignità di uomo libero, di cittadino e di giornalista libero è faccenda mia personale e, in questo caso accetto solo il consiglio della mia coscienza. Riprenderò la mia vecchia e sbudellata sacca di ‘prigioniero volontario’ e mi avvierò tranquillo e sereno in quest’altro Lager.
Ritroverò il vecchio Giovannino fatto d’aria e di sogni e riprenderò, assieme a lui, il viaggio incominciato nel 1943 e interrotto nel 1945. Niente di teatrale, niente di drammatico. Tutto semplice e naturale.
Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione”””.

Dell’autore della fortunata serie di Don Camillo e Peppone, best sellers della letteratura, e non solo umoristica, si ammirano in alto una vignetta dall’emblematica impronta, un disegno … della carta d’identità (alla nascita…), due schizzi di quando Guareschi faceva il soldato a Potenza (Giuliooo, ci mostri una foto della caserma?...), disegni di Giovannino agricoltore e ristoratore, due caricature dell’epoca della condanna e, infine un vero capolavoro di allegoria dedicatogli alla morte da Alberto Fremura, altro grande della satira.

mercoledì 21 gennaio 2009

BILL REMEMBERS


DOPO UN PASSATO DI... BELLE FIGURINE ORA SI SPERA IN QUALCHE... BELLA FIGURA


Mettendo un po’ d’ordine nella mansarda ecco saltare tra libri, giornali, riviste, ben rilegata, una raccolta (in due volumi) di figurine di calciatori che l’Unità, nel 1994, diffondeva con cadenza settimanale.
Direttore dell’Unità, all’epoca, era nientemeno che Walter Veltroni. E, per la verità, faceva belle figurine…
Ora ch’è in politica, seppure nel “governo ombra”, si spera almeno in qualche bella figura…

P.S. Nella gerenza dell’Unità ’94 si leggono i seguenti nomi:
Direttore: Walter Veltroni
Condirettore: Piero Sansonetti
Vicedirettore Vicario: Giuseppe Caldarola
Vicedirettori: Giancarlo Bosetti, Antonio Zollo
Redattore capo centrale: Marco Demarco.

domenica 18 gennaio 2009

PER UN SORRISO IN PIU'

" SAY A NUMBER PLEASE "

Benvenuta la tregua. Per festeggiarla (si fa per dire, perché con tutti quei lutti non si cancella tanta, tanta rabbia…), per salutarla, dunque, mi consento un po’ di umorismo fine a se stesso.
Nel riordinare un cassetto trovo una vignetta che, in busta “fuorisacco”, negli anni '80, inviai a una rivista inglese. Non so se fu pubblicata e nemmeno, per la verità, se arrivò a destinazione...

INVITO ALLA PACE DI STEFANO DISEGNI

Pubblico con molto piacere i quadretti dell'artista satirico Stefano Disegni che, con elevati sentimenti di grande umanità , invita a riflettere sul macroscopico attentato alla pace perpetrato negli ultimi giorni.

GIARDINAGGIO

























SERGIO STAINO: "EMME CHIUDE"




Arrivederci Emme


Ieri alle 23.29. In un incontro che ho avuto in queste ore alla sede de l’Unità con il direttore Concita De Gregorio e con il nuovo amministratore delegato Antonio Saracino, sono stato informato, con mia grande sorpresa, che la proprietà del giornale considera tuttora valido e in vigore, per quanto riguarda il supplemento Emme, il contratto stipulato nel 2007 e la conseguente disdetta inviatami nell’Ottobre 2008. In altre parole, Emme, per la proprietà, chiude con l’ultimo numero di Gennaio, cioè con il prossimo.E gli accordi presi con il direttore per il proseguimento di Emme all’interno del giornale ad 8 pagine, affiancato da un mensile da vendersi come allegato ad acquisto facoltativo? Un bellissimo progetto che però non ha, per usare un linguaggio governativo, alcuna copertura finanziaria e quindi va considerato nullo. Insomma, sembra che Concita ed io abbiamo fatto i conti senza l’oste, cioè senza considerare la situazione economica e finanziaria dell’editoria italiana e de l’Unità in specifico. Oggi, per quasi tutti i consigli d’amministrazione, sembra che la riduzione dei costi sia il problema assolutamente prioritario e molti quotidiani, assai più agguerriti e forti della nostra Unità, stanno tagliando supplementi, decurtando pagine, collaboratori e stipendi di collaboratori. Quest’oggi tocca ad Emme e mi sembra che ci sia davvero ben poco su cui insistere o recriminare. Rimangono alcune speranze aperte, non certo di facile realizzazione: una forte e significativa impennata nelle vendite del quotidiano e il possibile inserimento di Emme in una rinnovata e fortificata presenza online de l’Unità. Vedremo. Per ora ci piace salutarvi con un arrivederci e, pur nel dispiacere della chiusura, gioire per questi due anni di vita che hanno riaperto le speranze di un giornale satirico in Italia, che ha messo insieme, in buona armonia, una discreta serie di cervelli satirici, molti dei quali davvero giovani e nuovi. Li ringrazio tutti, uno ad uno, così come ringrazio i lettori che ci sono stati vicini in questo non breve periodo. Ma un grazie ovviamente speciale lo rivolgo volentieri al direttore Padellaro e all’amministratore delegato Poidomani, che vollero darmi, nella primavera 2007, la possibilità di mettere in piedi questa bella scommessa e all’attuale direttrice De Gregorio, che ci ha dimostrato grande simpatia e fino all’ultimo ha tentato di farci sopravvivere sulle pagine del suo bel giornale.Speriamo di rivederci presto, Sergio Staino
A Sergio Staino l’augurio che la sua apprezzata opera nel campo della satira possa ancora continuare con sempre più brillanti successi e realizzazioni.
Arnaldo Amabile

lunedì 12 gennaio 2009

ARCHEOLOGIA... SATIRICA / ATTALO

Attalo, Gioacchino Colizzi, 1894-1984, fu definito da un biografo “cronista grafico delle nostre miserie morali”.
Impiegato delle Ferrovie dello Stato, quando nel 1920 fu invitato a collaborare al periodico satirico “Serenissimo”, per evitare il licenziamento adottò lo pseudonimo di Attalo (“è l’unico personaggio storico che mi ricordavo di aver studiato” diceva Colizzi – Attalo Re di Pergamo - così dovendo trovare un nome diverso per nascondere la mia attività presso il Ministero dei Trasporti, adottai il nome di questo re”).
Dopo la chiusura del periodico decretata dalle autorità fasciste, Attalo si dedicò all’illustrazione di manifesti; finché nel 1931 prese a collaborare al celebre “Marc’Aurelio”, per il quale la sua matita inventò una delle più popolari e divertenti macchiette dell’umorismo italiano: “il Gagà che aveva detto agli amici…” prendendo come modello il suo amico giornalista Attilio Battistini, elegantone, scucchione e nasone. Seguirono, durante la guerra, le collaborazioni a “Marforio” e “Pasquino” (1944) e soprattutto, nel 1947, al “Travaso delle idee”.
Ma dietro l’esplosività e il fuoco d’artificio delle sue trovate, dietro la comicità burlesca delle situazioni in cui si trovano i suoi personaggi si cela una profonda amarezza: la consapevolezza di una realtà meno divertente, che nasconde dietro stupefacenti fanfaronate le miserie morali e le loro umilianti sconfitte della quotidianità di tante vite. Con “Genoveffa la racchia”, Attalo graffia a fondo, con impetuosa forza, nei meandri della psiche dell’umanità dei suoi personaggi. In “Genoveffa la racchia” brutta, pelosa, sedere basso , c’è la satira atroce di certi personaggi femminili che nonostante la loro non più tenera età, si atteggiano ancora a donne fatali, assumendo pose e comportamenti da belle e affascinanti.
Saul Steinberg, maestro di umorismo grafico di fama internazionale, nato anche lui dalla scuola marcaureliana, dichiarò in un'intervista sul New Yorh Times, che se Attalo, come fece lui nel 1938, fosse emigrato in america, avrebbe fatto una enorme fortuna .
L’opera di Attalo è l’analisi assai lucida delle debolezze umane, grazie al contatto quotidiano con le contraddizioni e le carenze offerte da un tipo di società borghese, in cui l’uomo cessa di essere tale per regredire allo stato di caricatura o di macchietta.

domenica 11 gennaio 2009

L' ARCHIVIO SEGRETO DI ANDREOTTI


La notizia

L'agenzia Ansa ha potuto fotografare per la prima volta il celeberrimo archivio del senatore a vita Giulio Andreotti, depositato nel caveau blindato dell'Istituto Don Sturzo a Roma, dove tutti i principali esponenti della Dc hanno lasciato le loro carte (Ansa).

Con l’occasione ho inteso aprire anche il mio… “ archivio” (tutt’altro che segreto) su Andreotti, proponendo la vignetta “Andreo...TV” (DOPPIOVU’, Mondadori Editore, dicembre 1976).

Morale: niente di nuovo sotto il sole, perché né centrosinistra né centrodestra hanno saputo/voluto debellare l’inammissibile, intollerabile scandalo dell’evasione fiscale.

martedì 6 gennaio 2009

TAGLI E... LOZIONI


UNA BICICLETTA... A RATE


Il 31 dicembre scorso l’amico Antonio ha festeggiato l’ultimo giorno dell’anno e il primo giorno … di riposo, dopo quarant’anni di brillante servizio svolto fino ai massimi vertici delle Ragionerie Provinciali dello Stato.
L’occasione è stata propizia per i ricordi, ma uno è rimasto indelebile, davvero nero su bianco, insomma: di-se-gna-to…
Negli anni ’60 Antonio comprò una bicicletta… usata. Da un amico. 1000 lire. 500 in contanti e 5…”pagherò” (sulla parola) da 100 senza interessi. Con altre due, tremila lire le fece cambiare aspetto. La rese più nuova di una appena uscita di fabbrica. E se la riguardava.
Un giorno a Cetara ebbe la sfortuna di forare. Era Sabato Santo. Botteghe di meccanici non ce n’erano. Intanto era vicinissima la sera e occorreva affrettarsi per il rientro a Salerno.
Con quella ruota “a terra” lui proseguiva in uno stato di angoscia. Sentiva una fitta al cuore a ogni scossone, a ogni balzo della gomma sgonfia. Già vedeva il tubolare interamente maciullato.
Voleva fermarsi. Proseguire a piedi. Gli dissi di darmi la bicicletta, avendo intuito la sua pena psicologica, e gli passai la mia antidiluviana “Wolsit”.
Ora correva. Non sentiva più lo stridio della ruota. Io invece sì. Ma proseguivo come non lo sentissi. E cantavo per “confondere” l’attento udito di Antonio.
Otto forature riparò Don Emilio.
E mi sentii in dovere di partecipare alle spese…